La stimolazione transcranica aumenta il libero vagare della mente

 

 

ROBERTO COLONNA

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XIII – 21 febbraio 2015.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Durante la veglia la nostra mente non è sempre impegnata in compiti precisi e, soprattutto quando non siamo presi da eventi pressanti, preoccupazioni ricorrenti o interazioni coinvolgenti, di tanto in tanto si può concedere di vagare seguendo stimoli interni, senza soffermarsi a lungo su un oggetto in particolare. Da questo vagare e divagare, si può passare al fantasticare o, se si è sdraiati e rilassati, anche al sonno. Tale stile di funzionamento è convenzionalmente detto mind-wandering o “pensiero non collegato a un compito”, perché incompatibile con l’esecuzione di compiti che richiedono attenzione cosciente.

Il mind wandering è uno stato funzionale spontaneo, auto-generato dal cervello, che si ritiene possa essere importante per molte funzioni mentali, fra cui la creatività e la pianificazione di azioni ed eventi della vita futura. Sono stati proposti ed attuati vari tentativi per evocare questo stato ed impiegarlo a scopo psicoterapeutico o per prevenire l’assunzione di stili che favoriscono lo sviluppo di psicopatologia ansiosa o da stress. Ci si è chiesti se la propensione a vagare con la mente possa essere indotta e modulata dall’esterno. Se ciò fosse possibile, vorrebbe dire che la diretta modificazione dell’attività neurale spontanea potrebbe cambiare il corso dei pensieri.

Vadim Axelrod e tre suoi colleghi, per sottoporre a verifica sperimentale queste possibilità, hanno usato la tecnica non invasiva della stimolazione transcranica diretta (tDCS), mediante la quale hanno erogato correnti mirate sulla corteccia prefrontale, la regione cerebrale più studiata per la genesi del pensiero. I risultati ottenuti mostrano per la prima volta che la propensione per la più onnipresente delle funzioni cognitive interne - come la definiscono Axelrod e colleghi - può essere accresciuta con la tDCS (Axelrod V., et al., Increasing propensity to mind-wander with transcranial direct current stimulation. The Journal of Neuroscience 35 (6): 2612-2623, 2015).

La provenienza degli autori dello studio è la seguente: The Gonda Multidisciplinary Brain Research Center and Department of Psychology, Bar Ilan University, Ramat Gan (Israele); UCL Institute of cognitive Neuroscience and Wellcome Trust Centre for Neuroimaging, University college London, London (Regno Unito).

Le risorse della nostra mente possono essere convogliate costantemente dalla nostra volontà nell’esecuzione di compiti legati allo studio, al lavoro e alle incombenze pratiche della vita di tutti i giorni, rendendoci efficienti ed evitando dispersioni, distrazioni e divagazioni. Tutto ciò crea una sorta di regime funzionale che riduce lo spazio per l’insinuarsi di preoccupazioni, pensieri depressivi e rimuginazione, evitando la tendenza all’amplificazione del negativo, ma toglie anche possibilità al mind wandering. Il vagare con la mente, però, non è possibile in molti casi al limite del fisiologico, e non solo nella persistenza dei pensieri traumatici, nelle preoccupazioni ipocondriache o nel disturbo ossessivo-compulsivo, in cui il pensiero può essere ostaggio di un funzionamento che si auto-impone al soggetto, stremandolo. Per tale ragione, la presenza di una libera attività di questo genere, a meno che non sia eccessiva e inopportuna, si ritiene segno di salute mentale. In proposito si nota che, mentre la maggior parte delle alterazioni del pensiero connesse con disturbi d’ansia e dell’umore l’ideazione è rivolta ad eventi passati, nel vagare del pensiero, la dimensione temporale prediletta è generalmente il futuro.

Il mind wandering può verificarsi anche mentre si attende a compiti precisi, quando questi sono eseguiti con basso grado di vigilanza, ad esempio la guida dell’auto in un percorso monotono, l’ascolto di una lezione scolastica, una conferenza o una performance artistica noiosa. Anche se alcuni studi hanno messo in relazione l’incidentalità automobilistica con il mind wandering, c’è motivo di credere che la distrazione dell’autista per fattori mentali interni, può più facilmente essere causata da pensieri carichi emotivamente e sviluppati con impegno cognitivo cosciente, che dal vagare distratto e leggero. Infatti, se l’attenzione dell’autista non è facilmente richiamabile alla coscienza del momento, è molto probabile che il vagare dei pensieri non sia un mind wandering, ma un sintomo di sonno che interviene per stanchezza estrema o di effetti tossici esercitati da alcool e altre sostanze psicotrope d’abuso.

La base neurobiologica dei processi di wandering non coincide con la funzione della rete di default, e sembra richiedere l’intervento di particolari circuiti cognitivi della corteccia prefrontale.

La stimolazione mediante tDCS impiegata da Axelrod e colleghi ha costituito un approccio metodologico diverso anche nella sostanza, rispetto a quelli impiegati in precedenza, perché aiuta ad identificare le basi neurali dell’attività mentale spontanea secondo un criterio causale. In precedenza, infatti, generalmente impiegando la risonanza magnetica funzionale (fMRI), si sono registrati dei semplici correlati.

I partecipanti allo studio dovevano ripetitivamente eseguire un compito monotono, mentre i ricercatori periodicamente valutavano “a campione” i loro pensieri per accertare lo sviluppo o la presenza di mind wandering. In questo contesto veniva applicata la stimolazione mediante tDCS.

La propensione al vagare libero dei pensieri era accresciuta dalla stimolazione della corteccia del lobo frontale. In particolare, l’elettrodo fungente da anodo era collocato in corrispondenza della corteccia prefrontale dorsolaterale di sinistra (DLPFC) e l’elettrodo agente da catodo in corrispondenza dell’area sopraorbitale di destra. La stimolazione della corteccia occipitale non ha portato effetti sul mind wandering. Allo stesso modo, la stimolazione simulata non determinava alcun effetto.

In conclusione, questi risultati dimostrano per la prima volta che la stimolazione esterna del cervello, in corrispondenza di un’area cruciale per le funzioni cognitive come la DLPFC, può indurre lo stato funzionale del mind wandering e che la corteccia dei lobi frontali ha un ruolo causale in questo senso. Inoltre, quanto emerso da questi esperimenti di stimolazione, suggerisce che la rete di controllo associata alla DLPFC potrebbe essere parte integrante dell’apparato funzionale responsabile di tutti i processi che caratterizzano questo stato della mente.

 

L’autore della nota invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Roberto Colonna

BM&L-21 febbraio 2015

www.brainmindlife.org